Aldo Moro: tra compromesso storico e fermezza, l’epilogo che svelò le ombre dello Stato

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Giugno 17, 2021

Aldo Moro: lo stratega del compromesso e il tragico epilogo che cambiò la Repubblica

Aldo Moro (1916-1978) è una delle figure centrali e più controverse della storia politica italiana repubblicana. Stratega lucidissimo, teorico della mediazione e leader incontrastato della Democrazia Cristiana (DC), la sua carriera fu interamente dedicata alla ricerca di equilibri complessi e alla costruzione di maggioranze composite, culminando nel drammatico sequestro che ne segnò la fine e che lasciò una ferita indelebile nella coscienza del Paese. La sua storia non è solo la cronaca di un omicidio politico, ma il racconto di un’Italia in bilico tra la violenza e il tentativo di un rinnovamento democratico.

 

La carriera: l’uomo del dialogo e il “Compromesso Storico”

La grandezza politica di Aldo Moro risiedeva nella sua capacità di visione a lungo termine e nella sua ostinata volontà di includere, in un dialogo democratico, forze un tempo contrapposte. Dopo essere stato uno dei padri costituenti e aver ricoperto più volte la carica di Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, Aldo Moro divenne il principale fautore dell’apertura a sinistra negli anni Sessanta (il Centro-Sinistra organico), portando il Partito Socialista Italiano (PSI) nell’area di governo.

Negli anni Settanta, Aldo Moro si spinse oltre, teorizzando e lavorando alla realizzazione del cosiddetto “Compromesso Storico”: un’alleanza o, quantomeno, una collaborazione governativa tra i due grandi partiti di massa, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano (PCI) guidato da Enrico Berlinguer. L’obiettivo di Aldo Moro era dare stabilità al Paese in un periodo di grave crisi economica, sociale e politica, e isolare le forze eversive, sia di destra che di sinistra, che destabilizzavano l’ordine democratico. Il 16 marzo 1978, il giorno del suo sequestro, era proprio quello in cui il nuovo governo guidato da Giulio Andreotti (che prevedeva l’appoggio esterno del PCI) stava per ottenere la fiducia in Parlamento. Aldo Moro era il simbolo di quel tentativo di mediazione avanzata.

 

L’agguato e i 55 giorni di prigionia

La mattina del 16 marzo 1978, un commando delle Brigate Rosse (BR) intercettò l’auto di Aldo Moro in via Fani a Roma. L’agguato fu di una violenza inaudita: cinque uomini della scorta vennero brutalmente uccisi e il presidente della DC fu sequestrato. Iniziarono così i 55 giorni più drammatici della storia della Repubblica.

Durante la prigionia, Aldo Moro indirizzò una serie di lettere alla famiglia, agli amici, e ai vertici del suo partito e dello Stato. In questi scritti, divenuti noti come il “Memoriale Moro”, lo statista implorava lo Stato di negoziare con i terroristi per la sua liberazione, in cambio della scarcerazione di alcuni brigatisti detenuti. Le lettere rivelano il profondo travaglio interiore di Aldo Moro e la sua amara accusa verso i suoi ex compagni di partito, che avevano optato per la linea della fermezza, escludendo categoricamente qualsiasi trattativa con i terroristi. L’unica voce politica significativa a mostrarsi aperta alla trattativa fu il Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi.

 

Il tragico epilogo e le ripercussioni politiche

Il rifiuto granitico dello Stato di scendere a compromessi, influenzato da timori di delegittimazione istituzionale e da possibili ingerenze esterne, sigillò il destino di Aldo Moro. Il 9 maggio 1978, il corpo dello statista fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Michelangelo Caetani a Roma, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI.

Il tragico epilogo di Aldo Moro ebbe conseguenze immediate e profonde:

  1. Fine del Compromesso Storico: Nonostante il PCI avesse votato la fiducia al governo Andreotti anche dopo il rapimento, la morte di Aldo Moro, il suo architetto, rese impossibile proseguire l’intesa. Pochi mesi dopo, il PCI ritirò il suo appoggio, segnando la fine di quella stagione politica.
  2. Rafforzamento della Legge: Sebbene a un prezzo altissimo, la “linea della fermezza” prevalse, rafforzando (almeno apparentemente) la posizione dello Stato contro il terrorismo.

Oggi, il caso di Aldo Moro rimane un mistero parzialmente irrisolto, alimentando teorie su possibili depistaggi, coinvolgimenti di servizi segreti deviati e influenze straniere che avrebbero voluto impedire la storica apertura politica italiana. La figura di Aldo Moro resta l’emblema di un politico visionario che cercò di anticipare i tempi, ma che fu travolto dalla violenza di un’epoca che non gli perdonò la sua audacia mediatrice.