Il Consiglio Superiore della Magistratura, ieri e oggi: l’evoluzione e le sfide aperte in Italia

consiglio superiore della magistratura

Administrator

Ottobre 9, 2021

Il Consiglio Superiore della Magistratura: evoluzione, crisi e riforme del CSM

Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) rappresenta l’organo di autogoverno della magistratura italiana, un pilastro fondamentale della Costituzione che ne garantisce l’indipendenza e l’autonomia rispetto agli altri poteri dello Stato. La sua istituzione, sancita dall’articolo 104 della Carta Costituzionale, aveva l’obiettivo di sottrarre i magistrati all’influenza politica dell’esecutivo, affidando a un organo composto in maggioranza dai giudici stessi le decisioni relative a carriere, trasferimenti e procedimenti disciplinari. L’analisi del ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura, “ieri e oggi”, rivela un percorso segnato da grandi ideali, ma anche da profonde crisi interne e incessanti tentativi di riforma.

 

Ieri: l’ideale dell’autogoverno e la sua funzione originaria

Nella sua concezione originaria, il Consiglio Superiore della Magistratura nasceva come scudo a difesa della magistratura. Prima della sua istituzione, l’Esecutivo, attraverso il Ministro di Grazia e Giustizia, deteneva ampi poteri sulla carriera dei magistrati, creando il rischio di dipendenza dal potere politico. Il CSM, invece, è stato pensato con una composizione mista: due terzi di membri eletti dai magistrati stessi (togati) e un terzo di membri laici, scelti dal Parlamento in seduta comune (laici), più il Presidente della Repubblica (che lo presiede) e i membri di diritto (Primo Presidente e Procuratore Generale della Cassazione).

Questa composizione doveva assicurare il bilanciamento tra l’autonomia interna e il collegamento con le istanze della rappresentanza popolare, garantendo che le decisioni sul personale giudiziario fossero prese in base a criteri di merito e imparzialità, al riparo da logiche ministeriali. Per decenni, l’azione del Consiglio Superiore della Magistratura è stata cruciale nel cementare l’immagine di una magistratura indipendente, capace di esercitare il proprio ruolo di controllo sulla legalità con fermezza, talvolta anche in aperto contrasto con il potere politico.

 

La crisi recente: le correnti e la degenerazione del lottismo

Il quadro idilliaco dell’autogoverno è stato scosso da crisi crescenti, legate principalmente alla gestione interna delle correnti associative della magistratura. Le correnti, nate come luoghi di dibattito culturale e professionale, hanno finito per trasformarsi in vere e proprie fazioni politiche interne all’organo, basando spesso le decisioni su logiche di spartizione (il cosiddetto lottismo) piuttosto che sul merito oggettivo.

Il culmine di questa crisi di fiducia è stato raggiunto con gli scandali che hanno coinvolto alcuni membri del Consiglio Superiore della Magistratura, dove sono emerse chat e incontri segreti volti a manipolare nomine e carriere in base ad accordi di corrente. Questi episodi hanno messo in discussione la credibilità del CSM come organo super partes e hanno alimentato l’accusa, da parte della politica, che la magistratura non fosse più l’organo di garanzia previsto dalla Costituzione, ma un potere autoreferenziale e chiuso.

La degenerazione del lottismo nel Consiglio Superiore della Magistratura ha avuto un impatto diretto sull’efficienza e sulla percezione della giustizia. Le nomine ai vertici degli uffici giudiziari sono diventate oggetto di contesa, rallentando le decisioni e, in alcuni casi, favorendo candidati meno qualificati ma politicamente più allineati alla corrente vincente.

 

Oggi: le riforme e la ricerca di un nuovo equilibrio

L’esigenza di riformare il Consiglio Superiore della Magistratura è diventata improrogabile. Le proposte di riforma (come quelle discusse negli ultimi anni) mirano prevalentemente a due obiettivi:

  1. Indebolire il potere delle correnti: Attraverso la modifica delle modalità di elezione dei membri togati. L’introduzione di un sistema maggioritario (o misto) su base più ampia (distretti) o la riduzione della possibilità di voto per il candidato della propria corrente, mira a limitare il clientelismo interno.
  2. Rafforzare i criteri di merito: Prevedendo che le nomine ai ruoli apicali siano basate su parametri oggettivi, professionalità e anzianità, riducendo il potere discrezionale del Consiglio Superiore della Magistratura in sede di valutazione delle candidature.

La riforma è un processo delicato, poiché deve bilanciare due esigenze fondamentali: assicurare l’indipendenza della magistratura (funzione essenziale del CSM) ed esigere al contempo una maggiore responsabilità e trasparenza nell’autogoverno. La politica, in questo contesto, deve evitare il rischio di sfruttare la crisi del Consiglio Superiore della Magistratura per limitarne l’autonomia, ma deve operare per ripristinare la fiducia nell’organo che, pur tra mille difficoltà, rimane il baluardo costituzionale a difesa di una giustizia libera. La sfida per il futuro del Consiglio Superiore della Magistratura è tornare a essere garante del servizio giustizia, superando le dinamiche interne che ne hanno minato la credibilità.