Mafia: il rapporto ambiguo con lo Stato italiano

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Marzo 19, 2023

Stato e Mafia: un rapporto ambiguo tra repressione e infiltrazione

Il rapporto tra lo Stato italiano e la Mafia è una delle pagine più oscure e complesse della storia nazionale. Lungi dall’essere sempre e solo un conflitto tra legalità e criminalità, questa interazione ha spesso assunto i contorni di una convivenza ambigua, caratterizzata da infiltrazioni profonde nel tessuto istituzionale, tentativi di mediazione e, in momenti drammatici, vere e proprie trattative. Comprendere questa dinamica è fondamentale per analizzare la resistenza dello Stato di fronte al potere pervasivo della Mafia e delle sue diverse articolazioni (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra).

 

Le zone grigie dell’infiltrazione

La minaccia principale posta dalla Mafia non risiede soltanto nella sua violenza omicida, ma nella sua capacità di agire nelle zone grigie della società: quello spazio indefinito dove il potere criminale incontra e corrompe settori della politica, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione.

L’infiltrazione è il meccanismo attraverso cui la Mafia riesce a influenzare le decisioni pubbliche, a ottenere appalti, a riciclare denaro e, in ultima analisi, a deviare le risorse statali verso i propri interessi illeciti. L’acquisto di consenso elettorale in cambio di favori, la collusione di funzionari pubblici e la corruzione sistemica sono i pilastri su cui la Mafia costruisce la sua egemonia. Questo fenomeno rende lo scontro con la criminalità organizzata estremamente difficile, poiché il nemico si annida talvolta all’interno delle stesse istituzioni preposte a combatterlo.

 

La “Trattativa Stato-Mafia”: il momento più controverso

Il momento più controverso di questo rapporto complesso è senza dubbio la cosiddetta “Trattativa Stato-Mafia”, oggetto di lunghi processi e di un dibattito storico ancora acceso. Dopo le stragi del 1992 (Capaci e Via D’Amelio, dove furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino), e quelle successive del 1993 a Firenze, Roma e Milano, emerse l’ipotesi che alcuni rappresentanti dello Stato avessero intavolato una negoziazione con i vertici di Cosa Nostra (la Mafia siciliana) per far cessare la stagione delle bombe.

L’obiettivo dello Stato, presumibilmente, era ristabilire l’ordine e salvare vite. L’obiettivo della Mafia, invece, era ottenere un ammorbidimento del regime carcerario (in particolare sul 41-bis, il “carcere duro”) e una revisione delle leggi antimafia. Indipendentemente dalle sentenze definitive, il solo fatto che l’ipotesi di un negoziato tra poteri sia stata storicamente fondata getta un’ombra pesante sull’autorità morale dello Stato e sulla percezione della sua intransigenza verso la Mafia.

 

La risposta dello Stato: strumenti e limiti

Nonostante le ombre, lo Stato italiano ha sviluppato un corpus legislativo e investigativo all’avanguardia a livello internazionale per combattere la Mafia. Strumenti come il sequestro e la confisca dei beni (che consentono di colpire il potere economico della Mafia), l’istituto del pentitismo e le normative sul 41-bis sono pilastri della lotta. L’azione coraggiosa di magistrati, forze dell’ordine e figure politiche ha dimostrato che la Mafia può essere sconfitta.

Tuttavia, il successo nella repressione è spesso parziale. La Mafia, in particolare la ‘Ndrangheta, ha saputo evolvere, abbandonando in parte la violenza eclatante per concentrarsi sul riciclaggio globale e sull’infiltrazione finanziaria. Questo richiede allo Stato un costante aggiornamento delle strategie, investimenti in tecnologie investigative e, soprattutto, una vigilanza continua sulle intersezioni tra Mafia e politica legale. La sfida non è più solo militare o giudiziaria, ma culturale e preventiva, mirando a recidere i legami che permettono alla Mafia di prosperare nel tessuto democratico.

 

La responsabilità della politica

La responsabilità della politica nel rapporto con la Mafia è cruciale. La lotta alla criminalità organizzata non può ridursi a mera retorica; richiede atti concreti come il rafforzamento dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati (ANBSC) e il sostegno incondizionato all’autonomia della magistratura. La Mafia prospera dove la politica è debole o corrotta. L’unico modo per sconfiggere definitivamente la Mafia è garantire che le istituzioni siano pienamente trasparenti e impermeabili alla corruzione e al clientelismo. La vera vittoria sulla Mafia si misurerà non solo nel numero di arresti, ma nella capacità dello Stato di ricostruire una fiducia incondizionata nella sua integrità e nella sua capacità di proteggere i cittadini. Il destino della democrazia italiana è inseparabile dalla lotta contro la Mafia.