Non penso più alle Piramidi solo come tombe: la verità dietro l’orientamento perfetto di Giza

Non penso più alle Piramidi solo come tombe: la verità dietro l’orientamento perfetto di Giza

Non penso più alle Piramidi solo come tombe: la verità dietro l’orientamento perfetto di Giza - democraticidavvero.it

Antonia Cattaneo

Ottobre 27, 2025

Sul piano di Giza, la vista delle tre grandi tombe dei faraoni cattura immediatamente lo sguardo: blocchi di pietra che sfidano i secoli e si allineano con sorprendente precisione. Dietro a quella geometria non c’è solo spettacolo, ma una questione tecnica che ha appassionato egittologi, astronomi e ingegneri: come fecero gli antichi a orientare le strutture verso i punti cardinali con margini d’errore così ridotti? Lo scenario è chiaro: le piramidi più famose, costruite dai regnanti noti come Cheope, Chefren e Micerino, mostrano un allineamento che non sembra casuale. Un dettaglio che molti sottovalutano è che anche altre tombe egizie, come quelle a Dahshur, presentano orientamenti molto accurati, suggerendo una pratica diffusa e sistematica.

Orientamento e tecniche sul campo

La prima domanda riguarda gli strumenti: gli antichi avevano accesso a metodi pratici basati sull’osservazione del cielo e del Sole, più che a dispositivi complessi. Secondo gli studi consolidati, tecniche come il metodo del cerchio indiano — che sfrutta lo spostamento dell’ombra solare nel corso della giornata — potevano fornire riferimenti utili per tracciare assi cardinali. Questo approccio non richiedeva apparecchiature sofisticate e poteva essere messo in pratica da squadre di tecnici esperti, lo raccontano i manuali di archeoastronomia e i rilievi sul campo.

Un aspetto concreto è che le costruzioni più antiche risultano spesso quelle meglio orientate, un paradosso che ha spinto a diverse ipotesi alternative. Alcuni ricercatori ritengono che esistesse una figura professionale — un direttore delle misurazioni — con competenze astronomiche avanzate per l’epoca. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è l’uso di cieli più limpidi per misurazioni puntuali; questo avrebbe favorito precisione nelle operazioni di tracciamento. Le evidenze raccolte a Giza e Dahshur mostrano un margine d’errore minimo rispetto al nord geografico, un elemento centrale per comprendere l’organizzazione del cantiere e la tecnologia disponibile.

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Le stelle, Orione e l’idea dell’aldilà

Accanto ai metodi pratici, la collocazione delle piramidi viene spesso ricondotta a motivi cosmologici. La teoria più discussa è la cosiddetta teoria della correlazione di Orione, che mette in rapporto le tre piramidi con le stelle della cintura di Orione (Delta, Epsilon e Zeta Orionis). Secondo questa ricostruzione, le posizioni delle strutture sarebbero state pensate per rispecchiare il cielo notturno in epoche remote — alcuni stimano fino a 12.000 anni fa — anche se questa data è oggetto di contestazione tra gli studiosi.

La scelta di Orione non è casuale nel contesto religioso: la costellazione era associata al dio Osiride e al concetto di aldilà, mentre la Via Lattea veniva immaginata come un fiume celeste da attraversare. Per questo motivo, le piramidi furono interpretate come tumuli che facilitavano il passaggio dell’anima del faraone verso il regno delle stelle. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è quanto gli antichi fossero attenti alle mappe del cielo: l’astronomia pratica faceva parte della vita quotidiana e della pianificazione monumentale.

Non è possibile dare una risposta univoca e definitiva: le spiegazioni si sovrappongono — tecniche astronomiche, competenze ingegneristiche e simbologie religiose — e tutte contribuiscono a spiegare perché le piramidi di Giza restano tra le opere più studiate. La ricerca continua in campi diversi, dall’archeoastronomia ai rilievi topografici, portando alla luce dati sempre più precisi e un quadro in cui tecnologia pratica e visione cosmica si intrecciano nel progetto funerario dei faraoni.