Tra scaffali di volumi illustrati e code ai tavoli delle presentazioni, Milano ha ospitato una concentrazione di appuntamenti dedicati al fantastico che ha messo in luce un circuito culturale spesso sottovalutato. Recentemente la città ha visto la nuova edizione di Stranimondi, la fiera del libro dedicata al fantastico, allestita nella sede della Casa dei Giochi in via Sant’Uguzzone. L’evento ha registrato circa 3.000 presenze e ha animato i 42 stand con incontri, workshop e presentazioni che hanno attratto pubblico variegato: lettori, studenti e addetti ai lavori.
La fiera e il pubblico cittadino
La presenza di pubblico e professionisti a Stranimondi ha confermato come, in contesti metropolitani, il genere fantastico trovi spazi concreti di confronto. L’illustrazione e il design hanno avuto un ruolo visibile: tra gli ospiti più attesi c’era l’illustratore Franco Brambilla, milanese e autore del manifesto dell’edizione, noto anche per le copertine della collana Urania. Il richiamo alla tradizione editoriale cittadina è evidente anche nella presenza di case editrici e progetti legati a Mondadori, testimoni di un legame tra Milano e la science fiction che non è soltanto simbolico ma operativo.
Gli incontri hanno puntato sia sul racconto che sulla pratica professionale: sessioni su scrittura, sul rapporto tra immagine e testo e su percorsi formativi per chi vuole lavorare nel settore. Un dettaglio che molti sottovalutano è la capacità di questi eventi di collegare studenti e professionisti, creando percorsi di tirocinio e collaborazione. Anche per chi vive in città è utile notare come manifestazioni di nicchia occupino spazi pubblici e contribuiscano a una vita culturale più diversificata.
Per gli organizzatori l’obiettivo resta rendere visibile un ecosistema editoriale e creativo che troppo spesso si sviluppa in modo disomogeneo sul territorio. In questi mesi le fiere come Stranimondi funzionano come punto di osservazione per verificare tendenze di mercato e interessi del pubblico, ecco perché la presenza costante di autori e illustratori è considerata un valore formativo e professionale.

Retrospettive e l’anno zero della fantascienza italiana
Accanto alle fiere, l’offerta milanese si è arricchita di rassegne cinematografiche che guardano al passato per spiegare il presente. All’Università IULM la quarta edizione del festival Sogni elettrici ha proposto una retrospettiva intitolata Oggetti non identificati, rivolta alla fantascienza italiana degli anni Sessanta. La selezione curata da docenti di storia del cinema ha messo in programma quattro film usciti nello stesso anno, indicati come segnali di svolta nella produzione nazionale: titoli di registi che operavano in registri molto diversi tra loro.
La scelta di proporre film del 1965 non è casuale: secondo i curatori quell’annata segna una congiuntura in cui il genere trova espressioni molteplici, dal fantahorror alla parodia fino a opere pensate per il mercato internazionale. Un aspetto che sfugge a chi non frequenta le sale d’essai è come questi film, pur con risorse limitate, abbiano influenzato la percezione del genere in Italia e all’estero. Per esempio, alcuni studiosi indicano Terrore nello spazio di Mario Bava come una possibile ispirazione per produzioni successive del cinema di fantascienza internazionale.
La rassegna, nata da un’idea del direttore del festival e curata da docenti dello IULM, ha una doppia ambizione: far conoscere ai giovani spettatori un patrimonio cinematografico poco visibile e stimolare il confronto critico. Un dettaglio che molti sottovalutano è la qualità delle versioni restaurate presentate nei festival, che permettono una lettura più precisa delle scelte tecniche e narrative. Per il pubblico e per gli studenti queste proiezioni diventano quindi materiale didattico oltre che evento culturale.
Fumetto, generazioni e il linguaggio pop
Il confronto tra generazioni è emerso con chiarezza anche nel ciclo di incontri dedicati al fumetto di genere. Alla conferenza Penne e pennini, moderata da una studiosa del settore, sono intervenuti sceneggiatori come Adriano Barone e Luigi Mignacco, figure note per il lavoro su testate popolari. La discussione ha spostato il focus dal singolo prodotto alla capacità del fumetto di costruire immaginari condivisi: mostri, eroi, e la divisione tra bene e male sono elementi che hanno accompagnato lettori di più età.
Mignacco ha evidenziato come il fumetto di genere non sia più solo un ricordo della gioventù per determinate coorti, ma un linguaggio che si è diffuso e trasformato nell’era della connessione globale. Un fenomeno che in molti notano è la “nerdizzazione” della cultura pop, ossia la diffusione di codici prima ristretti a nicchie. Un dettaglio che molti sottovalutano è l’effetto di questa trasformazione sui percorsi professionali: sceneggiatori, illustratori e editori rinegoziano ruoli e mercati.
Parallelamente si è discusso delle ragioni per cui la fantascienza rimase periferica nel cinema italiano, tra costi di produzione e un corpus letterario meno orientato al genere. In risposta, si sono diffuse versioni eterodosse e parodistiche che reinterpretano modelli stranieri. Il valore concreto di retrospettive, convegni e fiere è proprio questo: mettere in contatto studenti, pubblico e operatori per capire dove il settore può svilupparsi. La scena cittadina continua così a funzionare come laboratorio, e la presenza di eventi dedicati al fantastico lascia un’impronta sulle pratiche culturali e formative della città.
